San Giuseppe, il giovane santo del discernimento. Prepararsi al Sinodo dei giovani guardando il santo carpentiere.

Nell’ottobre 2018 i nostri vescovi celebreranno il loro Sinodo sul tema ‘I giovani, la fede e il discernimento vocazionale’. Al centro della loro riflessione e attenzione ci saranno dunque i giovani; la Chiesa si interrogherà su come accompagnarli a riconoscere ed accogliere la loro chiamata all’amore e alla vita in pienezza.
Non manca certamente il riferimento a Maria santissima, accompagnatrice di questo percorso ecclesiale e modello per i giovani in discernimento. “Ciascun giovane può scoprire nella vita di Maria lo stile dell’ascolto, il coraggio della fede, la profondità del discernimento e la dedizione al servizio (cfr. Lc 1,39-45). Nei suoi occhi ogni giovane può riscoprire la bellezza del discernimento, nel suo cuore può sperimentare la tenerezza dell’intimità e il coraggio della testimonianza e della missione”.

“Una vergine, - annota il Vangelo - promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe” (Lc 1,27). E di lui, di Giuseppe, non si tralascia il fatto che Maria è sua legittima sposa (cfr. Mt1,16.18-20.24; Lc 1,27; 2,5). Giovane la sposa e dunque giovane anche lo sposo. Sì, perché i Vangeli non parlano di una vecchiaia del santo carpentiere; anzi, le prime raffigurazioni cristiane ci avevano presentato un giovane imberbe, virile e vigoroso. Poi qualcosa lungo i secoli non andò nel verso giusto. Ma finalmente la giosefologia, ci sta riconsegnando un vero e attuale san Giuseppe, conforme a quello dei Vangeli rigettando così, seppur con qualche difficoltà, quel cliché dell’uomo anziano.

Fede, vocazione e discernimento sono i tre nuclei tematici su cui ruoteranno le riflessioni dei nostri giovani e dei nostri vescovi, e su cui si baserà anche la conseguente opera pastorale. Sono stati anche i tre stati esistenziali vissuti dal giovane Giuseppe: l’uomo giusto (Mt 1,19), il patriarca della fede, chiamato a essere sposo della Madre di Dio e padre del Figlio di Dio, il carpentiere e discendente davidico che più volte ha dovuto discernere eventi e situazioni, sogni e rivelazioni, profezie e realtà. Basta leggere i primi due capitoli dei vangeli secondo Matteo e Luca per rendersene conto.

Giuseppe è l’uomo della fede, la virtù che è fonte del discernimento vocazionale. Un dono della grazia che richiede di renderlo fecondo attraverso scelte di vita concrete e coerenti. E Giuseppe, in tal senso, accolse con disponibilità questo dono non tirandosi indietro ma prendendo con sé Maria sua sposa e il bambino; così prese con sé tutto il Mistero ‘in situazione’ e quanto esso comportava, facendo scelte concrete e coerenti che tutti noi apprendiamo dal sacro testo. “La fede – afferma il documento preparatorio al Sinodo - è insieme dono dall’alto e risposta al sentirsi scelti e amati”. Giuseppe, in quel sogno, in quei sogni, avrà sperimentato questa amorevole elezione del Padre, ma anche del Figlio, che non lo esonerò nel chiamarlo Abbà-papà. “Giuseppe, il quale sin dall'inizio accettò mediante «l'obbedienza della fede» la sua paternità umana nei riguardi di Gesù, seguendo la luce dello Spirito Santo, che per mezzo della fede si dona all'uomo, certamente scopriva sempre più ampiamente il dono ineffabile di questa sua paternità” (RC 21). E ancora. “La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità”. Il giovane sposo si consegnò totalmente all’amore sponsale e poi paterno, fu vocato all’Amore. “Se Elisabetta disse della Madre del Redentore: «Beata colei che ha creduto», si può in un certo senso riferire questa beatitudine anche a Giuseppe, perché rispose affermativamente alla Parola di Dio, quando gli fu trasmessa in quel momento decisivo. Ciò che egli fece è purissima «obbedienza della fede» (cfr. Rm 1,5; 16,26; 2Cor 10,5-6)” (RC 4). “Credere significa mettersi in ascolto dello Spirito e in dialogo con la Parola che è via, verità e vita (cfr. Gv 14,6) con tutta la propria intelligenza e affettività, imparare a darle fiducia ‘incarnandola’ nella concretezza del quotidiano. Non è quanto ha fatto il nostro santo?

Giuseppe è anche il giovane del discernimento, ce ne parla san Matteo nel suo Vangelo. Chi non conosce la sua misteriosa chiamata e la sua missione di giovane padre, per certi versi drammatica e incomprensibile? Rileggiamo in chiave giosefina i primi due capitoli matteani e non avremo difficoltà nel vedere questa singolare figura ricolma del dono del discernimento. “Prendere decisioni e orientare le proprie azioni in situazioni di incertezza e di fronte a spinte interiori contrastanti è l’ambito dell’esercizio del discernimento”. Nella storia di Giuseppe ogni giovane può scorgere la triplice sfaccettatura del discernimento – morale, spirituale, e quello dei segni dei tempi - e prenderne spunto e luce per il proprio. Il modello Giuseppe di Nazaret è davvero illuminante per tutti. “Lo Spirito parla e agisce attraverso gli avvenimenti della vita di ciascuno, ma gli eventi in se stessi sono muti o ambigui, in quanto se ne possono dare interpretazioni diverse. Illuminarne il significato in ordine a una decisione richiede un percorso di discernimento”. Giuseppe così ha saputo riconoscere, interpretare e scegliere il suo percorso di fede e di discernimento vocazionale. Il documento preparatorio al Sinodo sembra che parli proprio di lui, e nella lettura del testo tornano in mente i passi evangelici che ci descrivono l’esperienza del santo sposo di Maria racchiusa in quel sintetico versetto: “Mentre stava pensando a queste cose” (Mt 1,20).
Nella fase del riconoscere, “la Parola di Dio riveste una grande importanza: meditarla mette infatti in moto le passioni come tutte le esperienze di contatto con la propria interiorità, ma al tempo stesso offre una possibilità di farle emergere immedesimandosi nelle vicende che essa narra”. Non a caso certe opere artistiche ci raffigurano san Giuseppe con un libro in mano, che legge le Scritture, viene visto anche come un filosofo, proprio per quel suo voler riconoscere, credere e capire. “La fase del riconoscere mette al centro la capacità di ascolto e l’affettività della persona, senza sottrarsi per paura alla fatica del silenzio”. Anche qui - altra casualità? - san Giuseppe è il silente, colui che fa posto alla Parola non pronunciando parole, colui che ascolta e medita, è colui che discerne.
Il secondo verbo del percorso del discernimento è: interpretare. Occorre comprendere a che cosa lo Spirito ci sta chiamando. Ritorna ancora in mente quanto ci viene detto di Giuseppe: “Mentre stava pensando a queste cose” (Mt 1,20). “Questa fase di interpretazione è molto delicata; richiede pazienza, vigilanza e anche un certo apprendimento. Bisogna essere capaci di rendersi conto degli effetti dei condizionamenti sociali e psicologici. Richiede di mettere in campo anche le proprie facoltà intellettuali, senza tuttavia cadere nel rischio di costruire teorie astratte su ciò che sarebbe bene o bello fare: anche nel discernimento «la realtà è superiore all’idea». Nell’interpretare non si può neppure tralasciare di confrontarsi con la realtà e di prendere in considerazione le possibilità che realisticamente si hanno a disposizione. Per interpretare i desideri e i moti interiori è necessario confrontarsi onestamente, alla luce della Parola di Dio, anche con le esigenze morali della vita cristiana, sempre cercando di calarle nella situazione concreta che si sta vivendo. Questo sforzo spinge chi lo compie a non accontentarsi della logica legalistica del minimo indispensabile, per cercare invece il modo di valorizzare al meglio i propri doni e le proprie possibilità: per questo risulta una proposta attraente e stimolante per i giovani. Questo lavoro di interpretazione si svolge in un dialogo interiore con il Signore, con l’attivazione di tutte le capacità della persona; l’aiuto di una persona esperta nell’ascolto dello Spirito è pero un sostegno prezioso che la Chiesa offre e di cui è poco accorto non avvalersi”. Non sappiamo quanto durò questa fase per Giuseppe, non ci è dato sapere, ma da quanto apprendiamo dal documento preparatorio al Sinodo possiamo ben capire il lavorio interiore del nostro santo che ha valutato Legge e leggi, Persona e persone. “Mentre stava pensando a queste cose” (Mt 1,20)… pazientemente ha considerato i condizionamenti esterni, ha tirato fuori le sue facoltà intellettuali, si è confrontato con se stesso, con Maria, con la Torah, non accontentandosi della logica legalistica. E’ questa, in fin dei conti, la giustizia di Giuseppe accennata in Matteo, non solo quella legalistica, ma anche quella etica e morale, oltreché spirituale nel rispetto della Legge ebraica e dell’innocenza di Maria. “Giuseppe non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto” (Mt 1,19). “Mentre stava pensando a queste cose” (Mt 1,20)… quanta interiorità e intimità in questa frase!
E infine, scegliere. “Decise di licenziarla in segreto” (Mt 1,19). “L’atto di decidere diventa esercizio di autentica libertà umana e di responsabilità personale. La scelta si sottrae alla forza cieca delle pulsioni. La decisione richiede di essere messa alla prova dei fatti in vista della sua conferma. La scelta è chiamata a tradursi in azione, a prendere carne, a dare inizio a un percorso, accettando il rischio di confrontarsi con quella realtà che aveva messo in moto desideri ed emozioni. Per questo è importante ‘uscire’, anche dalla paura di sbagliare…” “Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore” (Mt 1,24). “In queste circostanze… Egli non sapeva come comportarsi di fronte alla «mirabile» maternità di Maria. Certamente cercava una risposta all'inquietante interrogativo, ma soprattutto cercava una via di uscita da quella situazione per lui difficile… Il messaggero divino introduce Giuseppe nel mistero della maternità di Maria. Colei che secondo la legge è la sua «sposa», rimanendo vergine, è divenuta madre in virtù dello Spirito Santo…Il messaggero si rivolge a Giuseppe come allo «sposo di Maria», a colui che a suo tempo dovrà imporre tale nome al Figlio che nascerà dalla Vergine di Nazaret, a lui sposata. Si rivolge, dunque, a Giuseppe affidandogli i compiti di un padre terreno nei riguardi del Figlio di Maria. «Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). Egli la prese in tutto il mistero della sua maternità, la prese insieme col Figlio che sarebbe venuto al mondo per opera dello Spirito Santo: dimostrò in tal modo una disponibilità di volontà, simile a quella di Maria, in ordine a ciò che Dio gli chiedeva per mezzo del suo messaggero” (RC 3). Giuseppe dimostrò la sua virilità di giovane uomo, coraggio e responsabilità lo identificano come l’uomo forte e fermo, l’uomo della grande responsabilità come gli antichi patriarchi che non ebbe paura nell’essere Padre di Gesù e Custode dell’Incarnazione e della Redenzione.

Non è da sottovalutare infine che questo percorso di discernimento avvenga in un contesto di Silenzio, di contemplazione, di preghiera, per “coltivare la familiarità con il Signore e il dialogo con la sua Parola”. Proprio come il discernimento di san Giuseppe. “In una società sempre più rumorosa, che offre una sovrabbondanza di stimoli, un obiettivo fondamentale è offrire occasioni per assaporare il valore del silenzio e della contemplazione e formarsi alla rilettura delle proprie esperienze e all’ascolto della coscienza”. “Il silenzio del giovane Giuseppe – disse Benedetto XVI - è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. In altre parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione. Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all'unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza”. (2005).

Potremmo continuare con altre considerazioni e approfondimenti. Limiti editoriali mi impongono a fermarmi. Lascio al lettore nel proseguire. Ho voluto indicare ai nostri giovani il giovane Giuseppe, invogliarli a conoscere la sua fede, la sua vocazione e il suo discernimento. Di percorrere la via del santo di Nazaret. “Lungo questa via i Vangeli non annotano alcuna parola detta da lui. Ma il silenzio di Giuseppe ha una speciale eloquenza: grazie ad esso si può leggere pienamente la verità contenuta nel giudizio che di lui dà il Vangelo: il «giusto» (Mt 1,19). Bisogna saper leggere questa verità, perché vi è contenuta una delle più importanti testimonianze circa l'uomo e la sua vocazione. Nel corso delle generazioni la Chiesa legge in modo sempre più attento e consapevole una tale testimonianza, quasi estraendo dal tesoro di questa insigne figura «cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52)” (RC 17).

Cari giovani, ‘Ite ad Joseph’!

Paolo Antoci
© - Ragusa 2017

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